CELLULARE IN CLASSE SÌ O NO?

Tanti docenti sono a favore e tanti contro, tanti genitori ritengono sia opportuno averlo per sicurezza, tanti altri sostengono che c'era sicurezza anche a loro tempi senza cellulare...qual è quindi la soluzione?
Come sempre nei problemi complessi non c'è mai una soluzione netta e distinta che accontenti tutti, ma noi de Il-Cubo corsi e lezioni vogliamo dire la nostra a riguardo, e far ragionare i lettori rispetto a un tema caldo e che pretende di essere gestito.

Come sempre, dobbiamo distinguere quando un alunno è sufficientemente maturo da poter scegliere da sé e quando invece necessita di un adulto che scelga per lui. Anche qui, tema non facile dato che possiamo trovare facilmente undicenni svegli e maturi e diciottenni indietro anni luce! Si potrebbe però far coincidere questa soglia con un altra già definita, ossia l'inizio delle scuole superiori, che rappresenta anche un passaggio simbolico verso l'ultimo ciclo di istruzione obbligatoria e corrisponde per altro anche ad un cambio di luogo di lezioni, docenti e compagni di classe.

Smarcato questo tema, è ora di capire cosa pensa Il Cubo a riguardo del cellulare in classe.

Per quanto concerne l'alunno "immaturo" (che abbiamo definito essere tutti gli alunni fino alla terza media), la scelta va imposta dal docente - o meglio forse dal dirigente scolastico - e solitamente potrebbe coincidere con un divieto, seguendo il logico paradigma del "sei immaturo, non sapresti gestire questo potente strumento, quindi te lo vieto" (senza contare che molti ragazzi non hanno ancora un telefono proprio a quell'età, ma questo è un altro tema, che se interessa ai lettori approfondiremo).

Che fare allora con i ragazzi più grandi?

La nostra idea è di insegnare loro a gestire lo strumento prima che questo mezzo potentissimo gestisca loro. Questo insegnamento non può avvenire tramite la privazione, perché sarebbe come provare ad insegnare ad andare in bicicletta a un bambino senza la bicicletta. La storia è piena di dati a favore della tesi che le privazioni aumentano la voglia, il desiderio e gli abusi.

Quindi, ricapitolando, prima dei tredici anni imposizione della scuola e tendenza al divieto, dopo libertà e insegnamento a usare lo strumento prima che "lui" usi noi.

il buon docente dovrebbe sempre aspirare a essere più interessante di uno smartphone almeno per qualche ora 😉

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UNIVERSITA'...QUALE?

La scelta dell’università è spesso motivo di disordine e di panico per i ragazzi. Io ci sono appena passata e posso affermare che in realtà permette di capire veramente cosa si desidera: si definiscono gli interessi e si impara un po' di più su se stessi. Partendo dal presupposto che si intende continuare il programma di studi, vorrei raccontare la mia esperienza per dare un consiglio e un aiuto a chi si sente un po' smarrito riguardo a questo argomento.

Dipende molto dalla persona, ma di norma si ha sempre un’idea di partenza, su cui si hanno più o meno dubbi. Sono pochi i casi in cui si è molto sicuri sulla strada che si vuole intraprendere, pertanto è importante capire che nessuna scelta è “giusta” finché non si ha capito veramente il valore che ha per te. Riflettere troppo non serve a tanto, ed iscriversi al primo corso che si trova libero è anch’esso controproducente.

Focalizzarsi sull’ottica lavorativa può essere un ottimo indice per chi ha già degli obiettivi o delle idee chiare, ma chi non sa da dove partire non si deve preoccupare perché il proprio desiderio si definisce piano piano. Bisogna abbandonarsi alle curiosità.

Io consiglio di partire pensando alle materie che incuriosiscono di più a scuola (oppure, per esclusione, quelle che piacciono di meno) e focalizzarsi sui corsi universitari che ne tengono conto: si deve pensare “gli argomenti di questo corso di laurea sono interessanti” anche se non si sa bene di cosa si andrà a trattare. Deve essere solo un punto di partenza.

Gli ambiti di studio sono veramente disparati (ci sono accademie dell’arte e musicali, università scientifiche, di economia, di psicologia, di formazione…) e a causa delle (quasi) infinite possibilità bisogna scegliere in modo razionale, senza però lasciare da parte il proprio pensiero più istintivo. Ad esempio, io amo il teatro e la fotografia, ma voglio che abbiano un’importanza marginale, di svago e passatempo. Mi è sempre piaciuta la scienza, e anche un po’ la matematica, ma non ho mai capito nulla di fisica, infatti ho scelto il corso di biotecnologie.

Dopo aver definito le proprie priorità bisogna focalizzarsi sul punto di vista con cui si vogliono approfondire questi argomenti. Ad esempio, ad un colloquio orientativo, la psicologa mi fece ragionare sul fatto che un corso ingegneristico (quale poteva essere ingegneria biomedica) sarebbe stato molto più improntato sulla fisica e sulla tecnica delle strumentazioni della biomedicina, cosa che non mi interessava veramente.

La scelta è molto personale, e bisogna trovare il corso che permetta di esprimere sé stessi al massimo e che accenda l’interesse. Io avevo il “problema” che mi interessavano un po' tutti i corsi, infatti, dopo un lungo periodo di riflessione, ho deciso di frequentare un corso che non limitasse il campo dei futuri ambiti lavorativi.

La comodità e il livello dell’università che si vuole frequentare vanno considerati come ultime circostanze, per definire quale università sia preferibile. È necessario porre attenzione sui trasporti e sul tempo che si impiega per raggiungere l’università poiché sono fattori importanti nella vita di tutti i giorni.

Il mio ultimo consiglio è quello di lasciare aperte più possibilità, anche se sono solo piani B, perché non si sa mai cosa può accadere. Conosco persone che si sono iscritti ad un corso momentaneamente, per poi cambiare (perché non sono riusciti ad entrare in graduatoria per l’immatricolazione al corso che desideravano) ma hanno scoperto una nuova passione e il corso li ha soddisfatti comunque. A me è capitato invece di perdere un anno, a causa della mia indecisione e poi ho scoperto che ciò accade a molti. In questo anno ho frequentato un corso che non era di mio interesse ma ho comunque dato l’esame di matematica, di fisica e di chimica, e ho spostato i crediti all’università in cui mi sono trasferita. Perciò non direi di aver effettivamente perso un anno poiché mi ha dato l’opportunità di capire meglio cosa voglio.

 AM

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EFFETTO MOZART

Prima di un esame ci si concentra di più nel completo silenzio o ascoltando la musica?

La risposta a questa domanda potrebbe non essere del tutto soggettiva.

Da diversi anni numerosi studi scientifici sono stati condotti sul cosiddetto “Effetto Mozart”. Si tratta di una particolare risposta del nostro cervello in seguito all’ascolto di brani di musica classica come le composizioni di Mozart. In particolare, alcune campagne sperimentali hanno mostrato come, in seguito all’ascolto per una decina di minuti della Sonata per due pianoforti K448 di Mozart, i soggetti analizzati dimostrassero aumentate capacità di ragionamento spazio-temporale (come tagliare e piegare in sequenza un foglio di carta) per alcuni minuti. Una spiegazione a questi risultati potrebbe risiedere nel modo in cui il nostro cervello processa la musica e le informazioni spaziali visive. È stato dimostrato, infatti, che le aree del cervello attivate dalle informazioni spaziali si sovrappongono a quelle coinvolte dall’ascolto della musica; come se la musica attivasse e “riscaldasse” quelle aree del cervello che utilizziamo per il ragionamento spazio-temporale.

E se Mozart proprio non ci piace?

Alcuni ricercatori hanno analizzato i pattern musicali delle opere di diversi compositori, classici e non, e studiato gli effetti derivanti dall’ascolto di diversi brani. I risultati ottenuti dalle campagne sperimentali suggeriscono che le composizioni musicali che assomigliano alle sonate mozartiane per periodicità e presenza di particolari sonorità riescono ad attivare questa sorta di cognizione aumentata.

Inoltre, alcuni studi sono stati condotti per mettere in relazione gli effetti dell’ascolto di musica classica sulle condizioni di salute di pazienti epilettici. Diversi risultati positivi sono stati ottenuti perfino su pazienti in stato comatoso, suggerendo quindi che l’apprezzamento per la musica di Mozart non è un requisito fondamentale per beneficiare dell’Effetto Mozart.

Sembra quindi innegabile che una giusta dose di musica classica nella vita di tutti i giorni possa renderci, almeno temporaneamente, leggermente più “dotati”. Se la musica classica sia in grado di migliorare le performance intellettive più in generale e a lungo termine è ancora oggetto di indagine scientifica, noi studenti attendiamo con ansia risultati positivi!

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L'ATTUALITÀ DI MADAME BOVARY

Stiamo vivendo un'epoca di cambiamenti epocali, in cui ogni giorno veniamo messi a confronto con le nostre credenze. Leggere può essere un modo per riflettere, per confrontarci con i nostri pensieri e sensazioni e per attraversare tutte le emozioni che certi periodi comportano. Questo è ancora più vero se si leggono le esperienze e le vicende di tutti coloro che, personaggi reali o fittizi, si sono ritrovati a vivere nel passaggio da un'era all'altra, nell'incertezza più totale.

Il romanzo Madame Bovary ne è un esempio. L'autore, Gustave Flaubert, si nasconde dietro Emma ("Madame Bovary c'est moi", Sono io Madame Bovary - diceva) per mostrare al suo pubblico di lettori quanto fosse difficile passare da un'epoca in cui ideali e sentimenti venivano fortemente propugnati come sublime stato dell'essere e come profonda - se non unica - ragione di vita, a un'epoca nuova, molto più industrializzata, dove le campagne si svuotavano e si cercava un lavoro meglio pagato nelle città, che si scopriva essere, di fatto, forse peggio del precedente lavoro agricolo. Questi nuovi lavoratori avevano infatti cessato di dipendere dai ritmi della natura, ma avevano iniziato a vivere sulla base di turni di lavoro massacranti in fabbriche putrescenti, senza alcuna garanzia di sicurezza, ottenendo talvolta anche meno di che vivere rispetto a prima.

Emma Bovary non sogna Parigi per andare a lavorare in una fabbrica, ma poiché desidera inserirsi nella créme della società parigina, essere circondata dal lusso e dagli eventi mondani. Quando però dovrà fare i conti con la sua cruda realtà entrerà in forte crisi...e con parecchie ripercussioni.

Questo articolo non è pensato per criticare le Madame Bovary che vivono in noi. Possiamo fare dell'autoironia quando rincorriamo le nostre illusioni, come fece Flaubert attraverso Emma Bovary, ma possiamo anche armarci di pazienza, confrontarci con i libri, con le persone, con gli psicologi o altre figure professionali per riappropriarci del coraggio di vivere quando siamo in crisi e prevenire scelte unicamente dettate dalla paura del futuro.

E magari possiamo permetterci di sorridere a prescindere, di avere paura e anche di sognare, alternativamente o contemporaneamente.

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