YOU’LL NEVER WALK ALONE, NELLO SPORT E NELLA VITA
Accompagnare i nostri ragazzi, vivere - di riflesso - le loro emozioni, essere un supporto in ogni momento della vita, lasciarli crescere nella consapevolezza che siamo vicini a loro, ma allo stesso tempo lasciarli liberi di inseguire le loro aspirazioni. Ecco il gravoso compito del genitore dell’era digitale.
Il calcio come metafora della vita
Come da ormai parecchi anni, mi ritrovo sugli spalti del solito stadio di paese con i soliti compagni di avventura: genitori travestiti da improbabili hooligans che, smessi i panni di dirigenti d’azienda, professionisti, insegnanti, medici o imprenditori d’assalto, sembrano aspirare ad un Donatello come migliori attori del remake italiano dell’Esorcista, al grido di “Dagli una gomitata”!
È un appuntamento importante, di quelli che cambiano il campionato e noi siamo i buoni. Il gruppo di supporter della mia squadra ha fatto del fair play il proprio cavallo di battaglia e i nostri atleti, complici anche i Mister, materializzano lo stesso stile anche in campo. Quasi con un codice d’altri tempi.
Superato lo shock di altre esternazioni irripetibili, l’adrenalina si alza e l’ansia è palpabile anche fra chi di solito decide delle sorti del mondo con calma glaciale nei CdA delle più importanti multinazionali.
Non sarai mai solo
Da quando la rete ci ha fatto conoscere lo story-telling del miracolo Liverpool, dopo la sua rocambolesca e inaspettata vittoria contro il Barcellona di Lionel Messi, anche noi sugli spalti abbiamo voglia di incitare i nostri atleti con uguale intensità̀, affetto ed emozione, e di emulare la stessa calda atmosfera da brividi. Un irresistibile desiderio di prendere a prestito quell’inno - che in realtà è il brano di un musical del lontano 1945 - eletto a simbolo di inossidabile e intramontabile fede...sempre e in qualsiasi condizione, con i suoi versi folgoranti: “Walk on, walk on With hope in your heart, And you'll never walk alone”. Ma quel nostro sparuto gruppo di fedelissimi rischierebbe di farla apparire come un nostalgico “Fin che la barca va”, che solo i più attempati potrebbero apprezzare.
Non si perde mai, si vince o si impara
In un’alternanza di colpi di scena al cardiopalma, la coppa è alla fine in mano nostra. Ancora una volta disciplina, impegno e capacità hanno fatto la differenza. Abbiamo vinto, la coppa alzata al cielo con l’accompagnamento di “we are the champions”! Perfetto, ma ora è già il momento delle correttive, di guardare al futuro, di guardare agli errori per non commetterli più: non aver fatto un vero gioco di squadra, non aver dato il massimo, non aver avuto una visione d’insieme, aver sottovalutato l’avversario in un delirio di onnipotenza, non aver avuto la giusta motivazione. Il Mister non risparmia nessuno negli spogliatoi.
Perché lo sport rimane comunque una splendida metafora della vita. E come nella vita, è il rispetto delle regole, l’andare oltre le scorciatoie e gli egocentrismi, l’inseguire correttezza e lealtà, l’imporsi volontà e sacrificio e soprattutto tendere sempre al meglio che definiscono i contorni della vittoria e della propria crescita personale.
Il paradigma è cambiato
La generazione di oggi è fortunata rispetto a noi. I ragazzi ricevono attenzioni inimmaginabili 30 anni fa, sono accompagnati nella crescita, supportati da professionisti pronti ad intervenire in qualsiasi circostanza. Noi genitori, cresciuti a pane e battipanni, siamo diventati scudieri fedeli e rassegnati, sempre presenti, sempre sull’attenti…forse nel timido tentativo di compensare quella sensazione di anaffettività e concretezza che riempiono talvolta i nostri ricordi infantili.
Una cosa è certa, figlio mio: “You’ll never walk alone” comunque vada, qualsiasi sarà la tua scelta di vita, l’università e il lavoro che farai, il paese in cui vivrai, la persona che deciderai di essere.
Eh sì, mi sarebbe proprio piaciuto che qualcuno mi avesse detto “non camminerai mai da sola”.
Loredana Giovanazzi