Alternanza Scuola-Lavoro: opportunità e dubbi
In queste settimane estive, i ragazzi dei trienni delle scuole superiori sono stati alle prese con "lezioni" molto poco convenzionali: non in aula bensì in azienda, ufficio, officina, fabbrica, ecc.
L'alternanza scuola-lavoro è una delle principali novità introdotte dalla legge 107 del 2015 (cosiddetta Buona Scuola), ormai giunta al terzo anno, che mira -"attraverso l'esperienza pratica" - a
consolidare le conoscenze acquisite a scuola e testare sul campo le attitudini degli studenti, ad arricchirne la formazione e orientarne il percorso di studi e, in futuro di lavoro, grazie a progetti in linea con il loro piano di studi [dal sito del Ministero dell'Istruzione].
Alla luce di tali ambiziosi e "innovativi" obiettivi, e dell'esperienza maturata negli ultimissimi anni dai ragazzi, possiamo trarre qualche considerazione, analizzandone sia gli aspetti positivi che quelli più problematici e discutibili.
Partendo dagli elementi positivi, non si può non cosiderare la maggior "praticizzazione" ed esperienza sul campo della formazione.
Da lungo tempo, una delle maggiori critiche mosse al sistema scolastico italiano, è quella di essere "troppo teorica" e troppo distante dal mondo del lavoro - oggi sempre più mutevole, tecnologico e innovativo.
Considerando questo aspetto, è indubbio il vantaggio che può apportare una formazione sul campo per uno studente di istituti tecnici o professionali, il quale avrà una occasione unica per confrontarsi con il mestiere per il quale la scuola lo sta preparando. Per un futuro meccanico, un perito elettrotecnico, un informatico, un operaio specializzato, un artigiano (ma anche, ad esempio, un ingegnere edile), l'alternanza scuola-lavoro dovrebbe in qualche modo ricalcare l'antico apprendistato del garzone di bottega, mettendo il diciassettenne per la prima volta in contatto con la possibile realtà professionale di domani. Respirando la vita fuori delle aule scolastiche, il ragazzo ha così la possibilità di confrontarsi con e prendere coscienza di quello che vorrà e si sentirà in grado di fare nell'avvenire.
Non sono pochi i ragazzi che, reduci dalle settimane in officine, laboratori, piccole e medie imprese, avranno acquisito più competenze e consapevolezza qui che non nei precedenti tre/quattro anni scolastici.
Questi gli aspetti potenzialmente positivi della riforma scolastica.
Ma vediamo, ora, le criticità che l'alternanza può comportare.
Se parliamo di "lavoro", è evidente che gli studenti maggiormente (o esclusivamente) interessati saranno quelli menzionati, ossia coloro per i quali le competenze pratiche sul campo, "manuali" in senso lato o tecniche, risultano fondamentali per la propria formazione.
Ma per gli studenti dei licei?
A quale scopo uno studente di liceo classico, ad esempio, dovrebbe essere costretto a passare le sue giornate -per un mese e mezzo- nel magazzino o al banco di un'attività commerciale, oppure tra il distributore automatico del caffè e la macchina fotocopiatrice di una grande azienda multinazionale? E con quale profitto e arricchimento professionale? E' così utile, per uno studente che si sta formando per affrontare futuri studi universitari e professioni "intellettuali", l'alternanza scuola-lavoro? Certo, il ragazzo ha la possibilità di scegliere il posto più attinente con gli studi e le sue predisposizioni, ma un'esperienza nell'ufficio di una grande multinazionale o in uno studio di avvocati si rivela spesso una perdita di tempo, priva di qualsiasi mansione effettiva.
Si dirà che è pur sempre una scuola di vita, un'esperienza a tutto campo, fuori dai comodi confini domestici e scolastici. Vero, ma tali esperienze molti ragazzi avrebbero già la possibilità di farle, magari nell'attività dei genitori, in lavori stagionali o nel volontariato, ottenendo anche una minima retribuzione.
Va sottolineato infatti che il lavoro in alternanza scolastica è quasi sempre gratuito. Questa modalità didattica alternativa non prevede alcuna forma di salario o rimborso (anche i buoni-pasto sono a discrezione dell'azienda). Da un certo punto di vista, nulla impedisce che l'alternanza scuola-lavoro si traduca in mero lavoro non retribuito.
Per concludere, se è vero che l'alternanza scuola-lavoro può costituire in alcuni casi una esperienza formativa e umana arricchente, è anche vero che spesso si traduce in una perdita di tempo inutile e infruttuosa, che poco o nulla ha a che vedere con gli studi, le attitudini e la futura occupazione degli studenti, specie quelli portati a una formazione più teorica e intellettuale.
Traducendo in pratica le considerazioni presentate, potremmo dire che l'indiscriminata obbligatorietà dell'alternanza e la genericità delle occupazioni e delle competenze richieste, sono elementi che potrebbero essere rivisti, così come l'organizzazione e le modalità di questa e altri percorsi didattici alternativi extra-curriculari.