L’UOMO NOBILITA IL LAVORO

L’UOMO NOBILITA IL LAVORO

«Il lavoro nobilita l’uomo», udii quest’affermazione per la prima volta qualche tempo fa e non la capii, non nel significato letterale, bensì nel suo contenuto. A prescindere dal luogo mentale ove essa abbia trovato forma, mi sono da sempre domandato il motivo di cotanta sicurezza che sta sulla lingua di chi la pronuncia e il motivo di cotanta efficacia e determinazione che rilascia la frase stessa: non ammette repliche, è incisiva, decisa, quasi categorica; certo è, però, che presa in esame, la base solida su cui poggia i suoi cardini potrebbe essere ridotta ad una linea, al minimo indispensabile per far sì che l’equilibrio delle tre parole “pilastro”, ovvero «lavoro», «nobilita» e «uomo», che ergono, messe insieme, questo imponente e aureo monumento lessicale, vacilli da un momento all’altro.


Analizziamo, dunque, i “tre pilastri”, cominciando dall’ultimo sopra citato, non per mera questione di comodità, ma per far sì che in seguito, leggendo la frase all’inverso ne risulti più chiara la variazione di significato:


l’«uomo», essere vivente dotato di coscienza, intelletto, capace di trasformare ciò che sta in natura in ingranaggio artificiale atto muovere le meccaniche di progresso ed evoluzione, essere tanto superiore quanto fragile e addomesticabile;


«nobilita», il cui significato etimologico, in tal caso, impone di essere precisato e dunque da «nobilita» otteniamo «rendere nobile», perciò un verbo e un aggettivo. Tale osservazione è da tenere bene a mente dal momento che ci occorrerà in seguito;


«lavoro», attività quotidiana inevitabile sulla quale si basa l’esistenza di ogni singolo individuo, attività occorrente al progredire della società e senza la quale la marcia automatizzata della sopravvivenza cesserebbe.


Detto tutto ciò, si palesa che l’uomo, essendo essere dotato di coscienza e intelletto, sia l’unico in grado di poter «rendere nobile», appunto, un qualsiasi elemento che capiti fra le sue mani: che sia lui stesso, un altro uomo, un oggetto, una pianta, un animale, un’attività, un’idea o un concetto.


Dunque, possiamo ora giungere alla conclusione che se il lavoro è divenuto quello che è, e cioè un’attività quotidiana inevitabile sulla quale si basa l’esistenza di ogni singolo individuo, non lo è certo diventato grazie a se stesso, bensì grazie all’uomo. Risulta, per cui, erroneo affermare che sia il lavoro a nobilitare l’uomo, quando dai fatti è possibile constatare l’esatto opposto. L’uomo ha dato importanza al lavoro, l’uomo a posto il lavoro alla base della sua vita e, giunti a questo punto, possiamo appurare che il nostro imponente e aureo monumento lessicale potrebbe restare in piedi solamente se ponessimo nell’ordine opposto i “tre pilastri”, in questo caso la costruzione apparirebbe perfino identica a quella inizialmente concepita, ma solo esteticamente, dato che il significato stravolgerebbe l’intera architettura interna della frase: «L’uomo nobilita il lavoro».

 

di Nicolò Volontè 

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