IL DESTINO DI UN CUCCHIAIO

Il 29 giugno di 17 anni fa si disputò una partita di calcio internazionale che è entrata nell’immaginario collettivo di tutti gli amanti di questo sport e non solo.

Il motivo non risiede tanto nel risultato finale di quella partita che vide l’Italia prevalere ai calci di rigori sull’Olanda, accedendo così alla finale di quell’Europeo, ma piuttosto nel gesto simbolo di quella partita che ha segnato una cesura tra il passato e il futuro di questo sport: il celebratissimo “cucchiaio”.

L’artefice di quell’opera tanto amata da alcuni e odiata da altri fu Francesco Totti, un ragazzo di ventiquattro anni all’epoca, che con un gesto che potremmo definire “matto” conquista la scena e l’attenzione di tutti come se fosse il protagonista di un film o di un’opera teatrale nel momento di maggior suspense.

Da quel momento il “cucchiaio” di Francesco Totti ha fatto giurisprudenza nel settore dei calci di rigore dividendo tutti i tifosi su un dilemma ancora oggi irrisolto:

  • Prova di grande tecnica e personalità o Atto di immaturità e presunzione

Non possiamo certo noi dare un giudizio definito su un qualcosa che è in continua evoluzione anche se in realtà a mio modesto parere si lega ad un’unico filo conduttore: l’esito finale del  cosiddetto “cucchiaio”.

Si perché tutto è conseguenza di quei pochi secondi che si trasformano in gloria nel momento in cui la palla varca la linea e si insacca in quella rete provocando la gioia di tutti quei tifosi che vedono in quel “cucchiaio” il risultato di estro e poesia. Nel caso in cui però il “cucchiaio” non fa il proprio dovere si trasforma in un passaggio che il portiere raccoglie con il più semplice degli interventi provocando ilarità e commenti negativi nei tifosi arrabbiati per un errore così grossolano.

 

Come ci hanno insegnato i grandi Filosofi Empiristi la conoscenza deriva dall’esperienza e così anche nel caso del nostro “cucchiaio” la sua conoscenza deriverà dal risultato di quell’amato e maledetto ultimo rigore. 

 

 Andrea

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